Algoritmi: prevedere il futuro senza smettere di esplorare è possibile?

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Quante volte hai immaginato di poter avere una palla di cristallo, una gira-tempo o qualche super potere e così prevedere il futuro? Sarebbe una capacità utile in molte situazioni quotidiane: evitare di rimanere imbottigliati nel traffico, preparare la risposta giusta per un esame, avere ben chiare le intenzioni di un investitore o scegliere il programma perfetto per un primo appuntamento.

Avere delle previsioni affidabili ci permette di sentirci più sicuri dei nostri progetti e delle nostre scelte. Per questo, che si trattasse di cercare il favore degli dei, affidarsi ai responsi degli oracoli o agli oroscopi di Paolo Fox nel corso dei secoli abbiamo sempre cercato di essere rassicurati da chiunque, secondo noi, conoscesse il nostro destino.

Nel tempo la situazione è leggermente cambiata. Desideri conoscere se il meteo di domani sia propizio o no per le tue imprese? Sicuramente faticherai di meno di qualche secolo fa: niente sacrifici o profezie in rima, ma uno sguardo sul tuo smartphone e via.

I nuovi oracoli del nostro secolo

La scienza ci ha fornito degli oracoli particolarmente attendibili, letteralmente a portata di mano ed in costante miglioramento: gli algoritmi. Poco più di cinque anni fa Alessandro Vespignani in un talk per TEDxSSC ci spiegava come la capacità predittiva della scienza si stava affinando sempre di più: anche fenomeni fino a poco tempo fa imprevedibili, perché strettamente legati alla sfera sociale, diventavano man mano decifrabili. Ben presto la prevedibilità di alcuni fenomeni sociali sarebbe passata da essere l’eccezione, ad essere la regola, ribaltando a volte anche qualche immaginario.

Ad esempio: come immagini il rapporto tra l’ape regina e i suoi sottoposti? Come si mettono d’accordo gli stormi per creare le formazioni magnifiche delle grandi migrazioni? Interazioni biologiche e sociali seguono regole che possono essere astratte attraverso la fisica, sfatando anche qualche mito. Spiega Vespignani:

«Il mito dell’ape regina non esiste. Non c’è l’ape regina che comanda i soldati lavoratori e così via, ma in realtà c’è una società che attraverso poche interazioni può costruire fenomeni magnifici,  senza il leader, senza un progetto, ma attraverso fenomeni emergenti. Questo ovviamente possiamo considerarlo anche per la società».  

Doppia rivoluzione: scienza della complessità e acquisizione di dati

Per passare dall’eccezione alla regola ci sono volute due rivoluzioni: la nascita della scienza della complessità e l’acquisizione dei dati. Negli ultimi anni si è generata una quantità di dati enorme, i famosi big data.  Sicuramente ne hai sentito parlare se lavori in ambito tecnologico o di digital marketing, segui un percorso scientifico all’Università o hai seguito le notizie riguardo qualche scandalo relativo ai social network. Abbiamo fatto grandi passi nella previsione di diversi fenomeni da un lato, ma forse diventiamo noi stessi più prevedibili come altra faccia della medaglia?

Ogni giorno interagiamo con diversi algoritmi più volte nella nostra giornata, fornendo dati e affinando, quindi, la conoscenza delle nostre preferenze da un lato, e l’efficacia delle predizioni dall’altro. Max Hawkins, ex-ingegnere di Google a San Francisco, racconta una sua piccola epifania:

«Aspetta un attimo, questo bar non è esattamente dove quell’algoritmo avrebbe immaginato che sarei andato stasera? Era assurdo. Perché pensavo… che ruolo avevo io in tutto questo? Sapevo di essere io a scegliere, ma il computer come faceva a saperlo? Era un po’ inquietante.»    

Profezie che si auto avverano: siamo noi?

La domanda che ti poniamo è: quanto affidare le nostre preferenze e scelte a degli algoritmi predittivi influisce sulla nostra capacità di scoprire cose nuove? Sfruttare gli algoritmi ci spinge di più a confermare le nostre propensioni e a chiuderci in delle bolle con i nostri stessi interessi? Ci rende meno esploratori?