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TED è da sempre molto sensibile alle tematiche ambientali, come dimostra la recente campagna countdown. Una transizione energetica verso un sistema basato sulle energie rinnovabili è un fenomeno già in atto, ma, nel concreto, oltre a scegliere una birra rinnovabile, come ci dicevi al TEDxCatania, cosa potrebbe fare una persona per accelerare questa transizione e ridurre l’emissione di CO₂?
Devo dire che quello della birra era un esempio anche un po’ scherzoso per raccontare quanto, come persone e come consumatori, abbiamo un potere che spesso viene sottovalutato. Tutti insieme, come consumatori, con le nostre scelte quotidiane possiamo dare dei segnali al mercato, e il mercato in qualche modo poi li recepisce. Quello che dobbiamo fare però è un passo avanti, rispetto per esempio a quelli che sono i movimenti di Fridays for Future, quelli di Greta Thunberg, che sono stati a mio avviso importantissimi per creare consapevolezza globale sul tema, perché, anche grazie a loro, è diventato davvero un tema di discussione pubblica a tutti i livelli. Penso che occorra in qualche modo passare da quello che è un movimento un po’ più antagonista, ad uno un po’ più protagonista, che porta soluzioni e che si impegna a cambiare il quotidiano: per esempio, guardare alla componente energetica di ciascun prodotto che compriamo, era ed è un modo per poterlo fare. Ma ci sono molte altre iniziative che possiamo fare: pensiamo alla mobilità, a come ci muoviamo. Una mobilità che potrebbe diventare molto più sostenibile, sostenibile dal punto di vista economico, dal punto di vista ambientale, dal punto di vista anche sociale. E un elemento centrale per la mobilità sostenibile è l’auto elettrica. L’elettrificazione dei trasporti è uno dei necessari complementi della decarbonizzazione energetica, perché tanto più si elettrifica il trasporto e tanto più l’elettricità è prodotta da fonti rinnovabili, tanto meno CO₂ si emetterà; inoltre ha delle conseguenze molto positive, in termini di qualità dell’aria, con un effetto indiretto sulla salute pubblica, e quindi anche sui costi sanitari, oltre che di maggiore silenziosità delle nostre città. Ma non è solo l’auto, per la mobilità un altro elemento molto importante è l’uso della bicicletta, e prima o poi si spingerà di più sui mezzi pubblici elettrici. Possiamo decidere di cambiare le nostre abitudini, modificare il modo in cui ci muoviamo, ma ci sono scelte di investimento, che possiamo fare sulla nostra casa: l’efficienza energetica degli edifici è importantissima. Nello stesso tempo sono importanti i gesti quotidiani sul risparmio energetico. Se ci pensiamo bene, dipende tutto dai nostri comportamenti, diretti o indiretti. Se vogliamo pensare di salvare questa terra non possiamo che pensare che siamo un’entità biologica interconnessa, nella quale ognuno di noi deve fare la propria parte: un cambio di abitudini, le scelte importanti che facciamo nei nostri investimenti, o anche nelle nostre spese, sono davvero importanti, e non possiamo nasconderci dietro il comportamento sbagliato degli altri, o delegare sempre qualcun altro a farlo. Noi siamo responsabili delle nostre scelte e dobbiamo prenderne atto, dobbiamo in qualche modo farlo e anche pretenderlo poi da chi mandiamo a rappresentarci nelle istituzioni.
Come pensi si concili il tema dei cambiamenti climatici con il periodo che stiamo vivendo? Benefici o svantaggi dallo stare a casa in quarantena?
Penso che questo periodo ci debba insegnare qualcosa. Chiaramente è un periodo in cui abbiamo perso parte delle nostre libertà personali perché siamo stati costretti a stare in casa, o comunque a limitare i nostri movimenti, però dobbiamo evitare di ritornare al punto di partenza, quella crisi di cui forse non tanti si rendono conto. Dal punto di vista ambientale in questi giorni di quarantena abbiamo visto sicuramente dei miglioramenti molto visibili. L’aria delle nostre città, soprattutto delle città più inquinate d’Italia e del mondo, è migliorata tanto. Purtroppo però questo è un effetto diretto del fatto che si è fermato tutto, e rischia di non diventare un effetto strutturale. Anche se la transizione energetica, per quanto riguarda la CO₂, è già in corso. In questi giorni negli Stati Uniti si è prodotta per la prima volta più energia elettrica da fonti rinnovabili che da carbone, e nessuno negli USA sta più investendo su centrali termoelettriche a carbone, quindi è già comunque un segnale molto positivo. Però ci sono stati anche altri benefici da questo lockdown. Lo smart working secondo me è una cosa molto interessante, perché da un giorno all’altro ci siamo trovati a lavorare da casa. Ci siamo accorti che addirittura per certi versi da casa propria si può lavorare anche meglio. Certamente alcuni hanno subito degli svantaggi da questa situazione. La gestione non è affatto semplice, però al netto delle problematiche quello che secondo me è emerso è che lavorare fuori dall’ufficio, cioè lavorare da casa, è possibile. Quindi è possibile fare un lavoro “distribuito”, cioè considerare l’ufficio non più come un luogo dove si va a lavorare, ma un luogo dove si va per qualche ragione, quando si ha necessità di andarci. E questo porta notevoli benefici: tempo recuperato e non sprecato in mezzo al traffico, meno emissioni di anidride carbonica dalle auto, pulizia dall’aria che respiriamo e decongestionamento delle nostre città. Inoltre renderebbe possibile lavorare per aziende che stanno fuori dal proprio territorio. E quindi approfittare del fatto che ci sono delle aree dove c’è più lavoro senza dover emigrare, un tema che per il Sud è sempre stato un problema. Ma allo stesso tempo le aziende hanno la possibilità, non richiedendo al proprio dipendente di stare necessariamente sempre in ufficio, di assumere persone un po’ in giro per tutto il mondo. Quindi, questi sono i vantaggi non temporanei che vedo: approfittare di questo momento per ridisegnare un approccio diverso al lavoro.
È possibile sperare in un ulteriore miglioramento delle rinnovabili o questo è l’optimum a cui possiamo tendere?
Non siamo certamente all’ottimo. Ci sono due buone notizie: una, appunto, è che ormai le energie rinnovabili sono molto competitive e anzi in molti mercati sono molto più competitive del carbone. Come ti dicevo, leggevo proprio in questi giorni che negli Stati Uniti tutti gli investimenti sul carbone sono ormai fermi da un bel po’. E questo è un segnale molto forte. E ciò avviene malgrado tutte le sollecitazioni e gli incentivi dell’attuale amministrazione americana che è sempre stata molto vicina a quel settore industriale. Quindi, nonostante ciò, il mercato ha già evidenziato quanto invece esse siano molto più competitive. E l’altra buona notizia è che in realtà non siamo all’ottimo, cioè siamo proprio in una fase di transizione che sta richiamando tantissimi investimenti in tutto il mondo, e questi investimenti avranno come conseguenza un maggiore sviluppo delle tecnologie, e non solo. Quello che sappiamo è che le due tecnologie dominanti attuali del futuro saranno l’eolico e il solare. Al TEDx facevo vedere un grafico in cui si notava come le turbine eoliche cresceranno di dimensione, arriveranno a 150/250 metri d’altezza, con potenze superiori ai 10.000 kilowatt, che vuol dire sfruttare meglio, quindi captare meglio, l’energia del vento a parità di spazio occupato. Ma anche il solare avrà uno sviluppo ancora più forte di quello che c’è stato in passato, perché per la prima volta lo sviluppo del solare è guidato proprio dal mercato, cioè è guidato dalla competitività della tecnologia. Uno degli esempi di cui siamo orgogliosissimi di questo genere di ricerca ce l’abbiamo in Italia, ce l’avete voi in Sicilia, ed è la fabbrica Trisun, che si trova proprio nella zona industriale di Catania, che ha sviluppato un paio di anni fa la cella solare più efficiente al mondo tra i pannelli commerciali. E ha un programma di sviluppo di questa tecnologia che porterà a far aumentare di più del 50% l’efficienza delle celle che si utilizzavano fino a un paio di anni fa sul mercato. Quindi siamo in una fase, sul piano della tecnologia, dove c’è ancora molto da vedere, perché sempre di più la domanda elettrica verrà coperta dalle energie rinnovabili, si stima che più dell’80% della nuova richiesta di energia verrà soddisfatta da rinnovabili.
Ti senti di indicarci qualche iniziativa 100% green in un periodo come questo che, magari, possa aiutare il nostro Paese nel momento della ripartenza?
Allora, io credo che ripartire è fondamentale. Riuscire a trovare un modo per far ripartire l’economia è una grande sfida. Io penso che non sia necessario creare una nuova economia da zero, nel nostro Paese, ma neanche negli altri Paesi: abbiamo già tutti gli strumenti per farlo. Purtroppo c’è chi, per esempio sui giornali, dice che per tornare a far rigirare l’economia bisogna in qualche modo mettere da parte certe ambizioni ambientaliste, o sul green deal, perché sono troppo costose. In realtà, sono dei commenti che trovo molto pericolosi in questo momento, perché non sono basati né sui fatti, né sui numeri. Il COVID-19 potrebbe diventare davvero un volano per una ripresa, ma a patto però che in qualche modo la ripresa passi attraverso delle politiche che rispettino l’ambiente. Questa cosa non la dico io, e neanche Greta Thunberg, che stimo moltissimo per tutto quello che ha fatto, ma è arrivato a dirlo un pool di economisti, tra cui un premio Nobel come Stiglitz, e Nicholas Stern. Tra l’altro lo riconfermava anche un articolo sul Financial Times che leggevo proprio stamattina. E investire in un business 100% green o nella riconversione di attività verso business sostenibili, non solo dovrebbe essere un obbligo morale, ma anche una grande opportunità di crescita perché in generale i lavori ecologici e sostenibili creano molti più posti di lavoro nel breve periodo e anche un buon ritorno sia nel breve che nel lungo periodo, oltre a un rischio molto più basso. Investire nel solare crea il doppio dei posti di lavoro lungo la vita dell’impianto di quanto avvenga investendo in un impianto a carbone. Bisogna però avere la volontà politica di creare le condizioni regolatorie e di sistema affinché tutto questo possa succedere. Nel 2008 c’era stata un’occasione, che con la crisi finanziaria è stata sostanzialmente persa. In quell’epoca si investì solo 1 dollaro su 6 in infrastrutture sostenibili. Quindi, quello che penso è che prima di tutto bisognerebbe trovare e cambiare il modo e i criteri di definizione delle priorità, soprattutto per l’allocazione delle risorse, e andarle a concentrare su quelle che hanno un carattere di sostenibilità molto marcato. E creare quindi quelle infrastrutture che servono, per realizzare le quali bisognerà anche agire molto sulla semplificazione burocratica, che è una barriera enorme per lo sviluppo di qualunque tipo di infrastruttura, e in particolare di quelle sostenibili. Ad esempio, per ottenere un permesso in Italia per costruire un impianto eolico ci vogliono in media 5 anni, che è un’epoca incredibilmente lunga se pensiamo che da qui al 2030 abbiamo degli obiettivi nazionali molto importanti che lo Stato si è prefissato per l’installazione di rinnovabili. Uscendo un attimo dai temi energetici, si possono fare tante cose, per esempio sul fronte del dissesto idrogeologico. Se certamente l’obiettivo futuro deve essere contrastare il riscaldamento globale, quello che è successo è che la temperatura media mondiale è già salita, e questo vuol dire che ci saranno sempre più spesso degli eventi estremi, e questi eventi si scontrano in Italia con un territorio che è veramente fragile dal punto di vista idrogeologico. E quindi lavorare ed investire su quel settore è qualcosa che darebbe dei ritorni enormi alla comunità a livello sociale e anche dei benefici nel lungo periodo. E lo dobbiamo fare adesso. E inoltre penso che si debba investire sul capitale naturale, sulle foreste, sulla resilienza degli ecosistemi e nel sociale. Io penso che in questo momento di alta disoccupazione si debba investire proprio nell’istruzione e nella formazione di tutte quelle persone che hanno perso il lavoro e che quindi potrebbero, grazie a questa formazione, acquisire competenze utili per il settore green. Poi proprio adesso, parlando con voi, mi è venuto in mente di lanciare una sfida a tutte le organizzazioni di eventi affinché siano tutti in qualche modo compensati e neutralizzati, non solo per la CO₂, ma anche per i rifiuti, la plastica, la logistica, e utilizzare gli eventi anche come un grande momento di sensibilizzazione del grande pubblico. L’importante secondo me è iniziare a dirci e a capire che è vero quello che dicono ormai anche grandi economisti: che investendo nel sociale e nel green, quindi nell’ecologico, ci può essere un gran bel ritorno.
Qualche ultimo consiglio?
Quello che voglio dire, in chiusura, è che viviamo in un momento storico molto importante. In tutto quello che è successo, in tutti gli aspetti negativi che abbiamo visto e che sono veramente drammatici, come in tutte le crisi, c’è sempre un’opportunità da cogliere. Ora, in questo momento l’unica cosa che possiamo fare è guardare avanti, questa volta davvero nella direzione giusta, perché non esiste un’alternativa: non esiste una contrapposizione tra fare del business, delle attività, e una gestione della nostra vita molto più sostenibile, sia nei confronti dell’ambiente che delle altre persone. Ormai si è capito che le due cose sono fortemente integrate, anzi l’una aiuta tantissimo l’altra, quindi approfittiamone tutti.