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«Io scriverò se vuoi
Perché ho amato tutti i sessi
Ma posso garantirvi che io
Non ho mai dato troppo peso al sesso mio».Rino Gaetano, Io scriverò.
Arriva un momento, tra infanzia e preadolescenza, in cui ognuno di noi scopre il proprio corpo, capisce come funziona e quanto ci si sente a proprio agio con esso. Questo processo è uno dei nodi principali per lo sviluppo di una personale identità cui è corrisposto uno sviluppo fisico in accordo con questa.
Tuttavia in natura, come insegna Norman Spack, non sono mai mancati casi in cui l’identità sviluppata interiormente quale «self concept» non si trovi in accordo con lo sviluppo fisico dato dal sesso biologico di un individuo.
Nel suo TED talk del novembre 2013, forte dei suoi studi e della sua esperienza quale endocrinologo pediatrico, Spack distingue nettamente identità di genere da sesso biologico. Il momento della nascita non può in alcun modo definire l’identità di genere di un individuo né tantomeno il suo orientamento sessuale, altro aspetto da tenere ben distinto dagli altri.
Se l’orientamento sessuale non è evidente prima del secondo decennio di vita, una discordanza tra genere e sesso biologico può manifestarsi già dal primo decennio. Spack ammette come comportamento diffuso nei bambini il gioco cross-gender, ma riporta anche il dato per cui in pubertà l’80% di questi bambini non insiste in giochi del genere, affermando, invece, la propria identità sessuale. Tuttavia se tra i 10 e i 14 anni un preadolescente si sente in un corpo che non gli appartiene, è raro che la situazione cambi.
Non intervenire in una situazione come quella descritta condanna, in tutta evidenza, a una vita di sofferenze. È lo stesso Spack a testimoniare che «At 40 and 50 […] they felt they had to affirm themselves, before they would kill themselves. And indeed, the rate of suicide among untreated transgendered people is among the highest in the world».
In casi di testate e acclarate discordanze di genere non esistono alternative alla transizione.
«Correggere la fortuna»
Concludendo il proprio discorso, Spack racconta in che modo aiuti i giovani fin dalla preadolescenza a diventare chi vogliono essere. Il suo progetto, nato nel 2007, suggerisce di non fare uso di ormoni del sesso opposto fino all’età di 16 anni, nonostante i test psicometrici possano già manifestare chiaramente una discordanza di genere. Al fine di non disturbare la crescita, infatti, è più utile, in età preadolescenziale, usare ormoni antagonisti piuttosto che ormoni del sesso opposto, il cui effetto, al contrario, può essere irreversibile.
Tra i 160 pazienti di cui si è occupato tra il 2007 e il 2013 l’endocrinologo illustra il caso di Jackie Green, maltrattata e vittima di bullismo nella preadolescenza, con diversi tentativi di suicidio alle spalle prima della transizione, poi modella e semifinalista a Miss England, e di Nicole Maines, oggi attrice e attivista.
Nel 2013, anno del talk di Spack, Nicole Maines si stava già battendo, sotto lo pseudonimo di Susan Doe, per il diritto dei transgender all’uso dei bagni pubblici, diritto che le era stato personalmente negato a scuola nello stato del Maine. Nel gennaio 2014 la corte dà ragione all’attivista sedicenne e sancisce un risarcimento per i danni subiti.
Il problema sociale
La discordanza di genere ha cessato di essere indicata come un disturbo nel 2013 quando il DSM-5 (Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders) l’ha ribattezzata quale disforia di genere. L’ICD-11 (International Classification of Diseases), nel 2018, la classifica come incongruenza di genere in un nuovo capitolo appositamente dedicato alla salute sessuale.
La società oggi percepisce come un disturbo l’incongruenza di genere?
È innegabile che la discriminazione verso la comunità transgender esista e ciò è testimoniato non solo dalla ritrosia verso la transizione indotta da una moderna società della vergogna, ma, soprattutto, dall’altissimo tasso di suicidi tra i giovani che percepiscono incongruenze tra il proprio spirito e il proprio corpo e non vengono accettati per quello che sono, come emerge dallo studio condotto da Ester di Giacomo, psichiatra e dottoranda in Neuroscienze presso l’Università di Milano-Bicocca.
Esiste una nebbia di preconcetto e di discriminazione verso l’idea della transizione di genere tale da annullare il diritto alla felicità di persone che, di conseguenza, decidono non valga più la pena continuare una vita di sofferenze.
Suona come un urlo, ormai rassegnato, la voce di Leelah Alcorn, statunitense suicidatasi a 17 anni dopo aver lasciato un’ultima nota sul suo blog personale su Tumbrl che raccontasse la sua storia e spiegasse le motivazioni del suo gesto.
«My death needs to mean something. My death needs to be counted in the number of transgender people who commit suicide this year. I want someone to look at that number and say “that’s fucked up” and fix it. Fix society. Please».
Leelah Alcorn
Il talk del 2015 di Lee Mokobe non è altro che una cruda ed emozionante poesia scritta da chi, in prima persona, ha vissuto il disagio di essere visto come diverso o snaturato. Con voce forte anche Mokobe lancia un appello contro il pregiudizio della società, legata a valori inadatti alla vita e all’amore per essa: «I wonder how long it will be before the trans suicide notes start to feel redondant, before we realize that our bodies become lessons about sin way before we learn how to love them».
L’opinione pubblica in Italia
«Io sono l’altro
Quello che il tuo stesso mare
Lo vede dalla riva opposta».Niccolò Fabi, Io sono l’altro.
La società italiana, come spesso accade per tematiche controverse, sembra approcciarsi alla comunità dei transgender, come all’intera comunità LGBTQIA+ in modo bifronte. Se il politicamente corretto della tv, radio e giornali esprime all’unisono disprezzo verso ogni forma di discriminazione, basta fare una veloce ricerca sui social per abbattere queste barriere e avere la prova che questo sentimento non sia pienamente condiviso. «L’Italia è un paese molto ipocrita. L’omosessualità viene accettata soltanto sotto i riflettori di un palcoscenico in televisione, nella vita reale l’omosessualità è vissuta male. […] È un muro da sfondare». Così, qualche anno fa, un noto rapper italiano descriveva la doppia faccia della società italiana a seguito di una controversia riguardo alcune delle sue canzoni.
Come sempre la discriminazione non viene mai da sola, ma è sempre un pregiudizio dato da ideali di virtù e di peccato e dalle diverse frontiere del perbenismo, tutte accomunate dallo stesso catalizzatore: l’ignoranza. Solo pensando di riferirsi a personalità ancorate a simili caratteristiche si può capire, infatti, come, anche in televisione, possa capitare di insultare un avversario politico per il suo orientamento sessuale, facendo peraltro confusione, più per noncuranza che per distrazione, tra orientamento sessuale e identità di genere.
«Fix society. Please».
Migliorare il mondo non è certo uno di quegli obiettivi da mettere in una lista di cui si può avere riscontro a breve termine, un’idea del genere farebbe sorridere. Ma tentare di rispondere al grido lanciato dai giovani che scelgono di farla finita è una necessità. Rispondere alla preghiera di Leelah Alcorn è un compito che tocca tutti personalmente.
Non tutti sanno comprendere chi vive una transizione o chi si dichiara omosessuale, ma non tutti quelli che non comprendono li incolpano o provano avversione nei loro confronti. La disinformazione e un’educazione improntata a ideali tradizionali, non inclusivi rispetto alla totalità della dimensione umana, sono spesso causa di tali incomprensioni.
Per correggere la società serve impegno collettivo: andare oltre la superficialità della disattenzione o di un dispiacere momentaneo per impegnarsi attivamente in ogni circostanza utile. L’antidoto alla discriminazione è la conoscenza, che, una volta acquisita, va diffusa. Un’idea innovativa fa sempre fatica a espandersi, ma un’idea che viaggia con l’unico fine di portare serenità e felicità a ogni individuo non trova ostacoli che non possano essere, di volta in volta, preconcetto per preconcetto, superati.
«Non sarò mai abbastanza cinico
Da smettere di credere
Che il mondo possa essere
Migliore di com’è
Ma non sarò neanche tanto stupido
Da credere
Che il mondo possa crescere
Se non parto da me».Brunori Sas, Il costume da torero.