Tempo stimato per la lettura di questo articolo: 8 minuti.
Esistono giornate in cui il nostro approccio alle cose che abbiamo da fare o che vorremmo realizzare è fiacco e senza mordente, “giornate no”, e, di contro, momenti in cui ci sentiamo imbattibili, ispirati da non sappiamo quale energia che non credevamo neanche di possedere.
La notizia, in realtà per nulla sconvolgente, è che quella energia viene proprio dalla nostra volontà, capace, in una lotta di vitalità, di affermarsi più forte dell’intelligenza e di ogni contingenza che si prefigura come un ostacolo.
È su questo concetto che insiste il talk del 2011 di Lorenzo Jovanotti Cherubini. Se la mentalità ottimistica consiste di argomenti quantomeno equivalenti a quelli di una mentalità opposta e si può riassumere nell’immagine del solito “bicchiere mezzo pieno”, l’impegno, la «vitalità» cui fa menzione lo stesso speaker, può essere riassunto nell’iniziativa di andare finalmente a riempire questo bicchiere. Ci sono tanti motivi per essere ottimisti quanti per non esserlo affatto, ma «vitalità» è sinonimo di lotta e di impegno teso a individuare «la promessa di vita che c’è nelle cose, […] quasi mai evidente al primo sguardo».
«Uscire dal metro quadro
Dove ogni cosa sembra dovuta
Guardare dentro alle cose
C’è una realtà sconosciuta
Che chiede soltanto un modo
Per venir fuori a veder le stelle
E vivere le esperienze
Sulla mia pelle, sulla mia pelle».Jovanotti, Penso Positivo.
Jovanotti inizia così a mostrare una carrellata di immagini e, tra queste, uno spezzone di un film di Bruce Lee ricordando la forza che gli trasmetteva vedere immagini simili da bambino: una scarica di adrenalina e di energia che si protrae nel tempo, una spinta che consente un approccio più leggero alla vita. È ciò che Jovanotti definisce appunto come «effetto Bruce Lee», la carica di alimentazione quotidiana all’ottimismo e alla vitalità le cui modalità cambiano nella forma nel corso degli anni, ma il cui bisogno resta costante.
I modi per darsi la carica differiscono di epoca in epoca e da persona a persona, ma lo speaker fornisce degli esempi eccellenti.
Il primo è ambientato in un’Italia ancora in clima di ricostruzione e di grandi cambiamenti. Il paese si fa trascinare negli anni 60’ dalla forza che è capace di trasmettere un uomo che, allargando le braccia, canta alla nazione del suo sogno di volare «nel blu, dipinto di blu». La potenza della sua vitalità si irradia per tutta l’Italia, rendendo Nel blu dipinto di blu (più nota come Volare), una sorta di inno 2.0 per il paese e l’esemplificazione ideale dell’«effetto Bruce Lee» per Jovanotti.
Si può trovare vitalità nell’osservare il costante progresso scientifico, nel viaggiare e andare a vedere il mondo, aprire gli occhi su ciò che ci circonda, nel perdersi nella bellezza di un dipinto o di una qualsiasi opera d’arte o, ancora, nella lettura di una poesia, linguaggio universale di ogni tempo (Jovanotti ricorda a tal proposito la presenza di un busto di Dante a Teheran).
Riflettendo su ottimismo e poesia è spontaneo volgersi verso un altro poeta della nostra tradizione, spesso additato, a torto, come “il pessimista per antonomasia”, ma dotato di una forza vitale che regge ben pochi paragoni: Giacomo Leopardi. Molti infatti ignorano con che slancio egli si approcciasse alla vita e come invogliasse anche gli altri a vivere sì la vita come una guerra, ma non arrendersi mai ad essa. Il Leopardi dell’ultimo periodo costruisce un sistema di pensiero per cui il dolore è ineluttabile, le illusioni sono svanite, ma sono sostituite dalla consapevolezza di una sopravvivenza alla natura costruita sulla solidarietà umana e sull’aiuto reciproco. L’immagine di questa strenua resistenza è La Ginestra che china il capo solo quando è costretta a cadere.
È con questo stesso spirito che il poeta, già nel 1821, si rivolge all’editore Pietro Brighenti che consola e incoraggia a “prendere a morsi la vita”.
«Colui che disse che la vita dell’uomo è una guerra, disse almeno tanto gran verità nel senso profano quanto nel senso sacro. […] Vinto o vincitore, non bisogna stancarsi mai di combattere, e lottare, e insultare e calpestare chiunque vi ceda anche solo per un momento. […] Io sto qui, deriso, sputacchiato, preso a calci da tutti, menando l’intera vita in una stanza […] eppure m’avvezzo a ridere, e ci riesco. […]
Amami, caro Brighenti, e ridiamo insieme alle spalle di questi coglioni che possiedono l’orbe terraqueo. Il mondo è fatto al rovescio come quei dannati di Dante che avevano il culo dinanzi ed il petto di dietro; e le lagrime strisciavano giù ‘per lo fesso’. E ben sarebbe più ridicolo il volerlo raddrizzare, che il contentarsi di stare a guardarlo e fischiarlo.
Il tuo Leopardi».Giacomo Leopardi, Lettera a Pietro Brighenti, Recanati, 22 giugno 1821.
Riallacciandoci agli esempi indicati da Jovanotti è possibile elencare molte altre vie per riaccendere la vitalità. Una di queste, come presumibile, è proprio la musica. Si è già detto della forza d’impatto che ha avuto Volare nell’animo delle persone e lo speaker ribadisce la potenza delle canzoni indicando l’obiettivo di ogni concerto nel «fare pubblicità alla vita e al mondo». Insistendo su questo tasto è facile rendersi conto della scarica di adrenalina che si ha nel ballare di gusto, anche da soli davanti a uno specchio.
Si può trovare vitalità nella musica anche suonando uno strumento, senza contare i vantaggi che questa attività porta ai meccanismi cerebrali! Anita Collins ha assimilato tale attività a un vero e proprio spettacolo pirotecnico per il nostro cervello.
Proseguendo la sua presentazione, Jovanotti ci pone di fronte a un’altra clip, stavolta tratta da Braccio di Ferro, dove Pisellino, uscito dalla sua culla, sembra trovarsi costantemente in pericolo giocando con un elefante, ma, alla fine, la sua spensieratezza gli consente di divertirsi senza riportare neanche un graffio. Abbiamo visto come Leopardi, nella sua ultima poetica, propugni la necessità di consapevolezza nell’uomo, ma c’è da dire che, spesso, anche l’inconsapevolezza diventa un valore. Gettarsi nelle cose insegna la leggerezza di un approccio sereno alla vita.
Tale punto viene ripreso più tardi dallo speaker nel confronto di due personaggi icone della nostra letteratura: Don Abbondio e Pinocchio. Se il primo non agisce mai con decisione, si muove sempre per paura dei Bravi e di don Rodrigo e, dunque, “si lascia vivere”, il secondo fa i suoi sbagli di propria iniziativa, si fida del gatto e della volpe e vive, rimediando ai propri errori. A lui è concesso un lieto fine che lo onora rendendolo un bambino vero, perché se è vero che «la giustizia del mondo punisce chi ha le ali e non vola», è vero anche che premia chi prova a volare. D’altronde, citando ancora un poeta e ancora una bella favola, «vola solo chi osa farlo».
«Sono stanco della prudenza, che non ci poteva condurre se non a perdere la nostra gioventù, ch’è un bene che più non si racquista. Mi rivolgo all’ardire, e vedrò se da lui potrò cavare maggior vantaggio».
Giacomo Leopardi, Lettera al fratello Carlo, Recanati, fine luglio 1819.
È lo stesso Jovanotti a portarci da un altro poeta con un’altra clip. Ci lascia ascoltare Edoardo Sanguineti che a sua volta cita Antonio Gramsci parlando di «pessimismo della ragione e ottimismo della conoscenza». Il motto è la concettualizzazione di quanto espresso in partenza: non si parla di un ottimismo come forma mentis, un “vedere il bicchiere mezzo pieno”, ma di una lotta, un impegno costante, che, come tale, va perciò ravvivato. Deve essere la volontà a sconfiggere le contingenze e, soprattutto, l’arrendevolezza. Come Sanguineti sottolinea: «quanto più la situazione è disperata, l’ottimismo deve rinforzarsi per cercare al possibile di rimediare e lottare fino in fondo».
«L’uomo dovrebbe […] aver acquistato una tale convinzione profonda che l’uomo ha in se stesso la sorgente delle proprie forze morali, che tutto dipende da lui, dalla sua energia, dalla sua volontà, dalla ferrea coerenza dei fini che si propone e dei mezzi che esplica per attuarli – da non disperare mai più e non cadere più in quegli stati d’animo volgari e banali che si chiamano pessimismo e ottimismo. Il mio stato d’animo sintetizza questi due sentimenti e li supera: sono pessimista con l’intelligenza, ma ottimista per la volontà. Penso, in ogni circostanza, alla ipotesi peggiore, per mettere in movimento tutte le riserve di volontà ed essere in grado di abbattere l’ostacolo».
Antonio Gramsci, Lettera a Carlo Gramsci, Turi, 19 dicembre 1929.
Lo speaker si avvia quindi alla conclusione illustrando alla platea altri motivi per essere ottimisti variando fra dati scientifici e opere d’arte e passando per canzoni come What a wonderful world, brano di Louis Armstrong del 1967. Proprio l’anno successivo usciva un’altra grande canzone di Domenico Modugno destinata a diventare un cult della musica italiana: Meraviglioso. Entrambi i pezzi rivelano un profondo amore per il mondo, pur nella coscienza della radicata esistenza del dolore. Come Jovanotti spiega, «nell’ottimismo, in realtà, c’è un seme di struggimento perché “ottimismo” non vuol dire evitare il senso del tragico, ma affrontarlo con un altro atteggiamento». In entrambe le canzoni, quindi, la vista si concentra sulle forme della natura e il risultato non può che essere la meraviglia.
Ci sono tanti motivi per essere ottimisti quanti per non esserlo, ma trovare le energie per un approccio attivo al mondo significa andare finalmente a riempire quel famoso bicchiere senza chiedersi quanta acqua ci abbiamo già trovato dentro. Siamo noi a riempire la nostra esistenza di vita.
«La notte era finita
E ti sentivo ancora
Sapore della vita.
Meraviglioso».Domenico Modugno e Riccardo Pazzaglia, Meraviglioso.